I dati divulgati dal Ministero della Salute brasiliano fanno paura. Il Paese ha registrato 71.123 nuovi casi di tubercolosi nel 2013. Il tasso di incidenza della malattia nel Paese si assesta a 35,4 casi ogni 100 mila abitanti. Un dato che indica un calo del 20,3 % rispetto al 2003 quando i casi erano 44,4 per ogni 100mila persone.
I dati relativi al numero di morti per tubercolosi si riferiscono al 2012 e indicano un totale di 4.406 decessi causati dalla malattia. Il tasso di mortalità nel Paese è stato di 2,3 decessi ogni 100 mila abitanti. In base ai dati divulgati dal Ministero i senzatetto rappresentano quella parte di popolazione più vulnerabile alla tubercolosi, il rischio di infezione è 44 volte maggiore rispetto al resto della popolazione. A seguire ci sono i malati di Aids per i quali il rischio è 35 volte maggiore, la popolazione carceraria con un rischio 28 volte superiore alla media e gli indigeni che rischiano l’infezione 3 volte di più rispetto al resto della popolazione.
Il coordinatore del Programma Nazionale di Controllo alla Tubercolosi, Draullio Barreira ha fatto sapere che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato 9 milioni di casi di tubercolosi in tutto il mondo, di cui 3 milioni non riconosciuti e quindi senza trattamento. Il Brasile, secondo Barreira, si mantiene in una posizione più che “confortevole” in relazione alla diagnosi della malattia. Attualmente il Paese occupa il sedicesimo posto tra i 22 che registrano il maggior numero di casi di tubercolosi e la centoundicesima posizione rispetto al tasso di incidenza. «E’ancora una sfida importante per noi – ha detto il Coordinatore Barreira – La tubercolosi è tra le malattie infettive che più uccidono. Appare ancora come la prima causa di morte tra le malattie infettive di cui soffrono le persone malate di Aids».
Ieda Rozenfeld è una documentarista molto nota in Brasile. E’ di Rio de Janeiro, ha 46 anni e da anni nelle sue opere denuncia i problemi relativi alla salute pubblica di questo Paese. Sta lavorando ad un film dal titolo “peste dos boemios”, cioè la peste dei bohemiens.
La tubercolosi al centro del tuo prossimo film. Perché?
Ho 46 anni e una figlia di 15. Dieci anni fa ho cominciato a fare documentari. Nel 2010 ho partecipato ad un corso di cinema presso la Fiocruz e mi sono appassionata al tema della salute pubblica. Mi è tornata alla mente la tubercolosi di mio fratello, quando ero piccola. E’ sopravvissuto. Ma ancora oggi questa malattia “classica” è una peste.
Perché “peste dos boemios”?
L’anno scorso la tubercolosi era la peste dei bohemiens. Noel Rosa, per esempio, è morto dopo essersi ammalato, a 26 anni. I poeti Castro Alves, Alvares de Azevedo, Casimiro de Abreu,Augusto dos Anjos e Manoel Bandeira hanno sofferto di questo male. E’ una malattia antica, eppure sta ancora qui tra noi.
Che volume ha, che dimensione?
Le persone si preoccupano tanto con l’ebola che ha ucciso migliaia di persone, ma l’OMS ha detto chiaramente che nel 2013 ben 9 milioni di persone nel mondo sono malate di tubercolosi. Di queste 1 milione e mezzo sono morte. Il peggio non è l’ebola. E’ la tubercolosi.
Come sarà il film?
Racconto la storia di persone che convivono con la malattia. La maggior parte vive in posti insalubri e non conosce il pericolo che la tubercolosi rappresenta. Abbiamo fatto riprese a Rio, a Recife e in alcune zone dell’Amazzonia. I casi sono tutti molto simili fra loro. Dove non c’è informazione rispetto alla malattia, la situazione è grave. Abbiamo registrato diversi casi anche tra i senzatetto e i malati di Aids.
Qual’è la situazione a Rio de Janeiro?
Pessima, come del resto in tutto il Paese. Rocinha è uno dei posti con il più alto indice di infezioni della capitale. Ho conosciuto un signore malato da 10 anni. Nel film dice che sta solo aspettando la morte. La comunità era persino riuscita a fare un buon lavoro di prevenzione fino a qualche anno fa, ma non è andata avanti e la situazione è peggiorata, i casi sono aumentati.
Quanto è precario il trattamento di questa malattia?
Molto. La carenza di medicinali è enorme. Chi ha la tubercolosi ha bisogno di 6 mesi per recuperare completamente. Sono necessari quattro tipi diversi di medicinali quotidiani. Non esistono prodotti in farmacia perché il governo deve controllare chi consuma e monitorare tutti i casi.
Hai creato una pagine sulle reti sociali proprio sulla tubercolosi che aggiorni quotidianamente. Fai la stessa cosa anche quando realizzi altri documentari?
Si, è un modo di mantenere viva l’attenzione sull’argomento anche prima e dopo il documentario. Negli ultimi 3 documentari ho utilizzato la stessa strategia e l’attenzione della gente è rimasta alta.
Qual’è il prossimo progetto?
Continuerò a parlare di salute pubblica. Sono stata a Cuba due mesi fa e ho intenzione di realizzare un film sul programma Mais Medicos del governo federale. Voglio sapere come va la vita dei cubani e dei pazienti che sono seguiti da medici stranieri . Ho già filmato qualcosa a Cuba e in Amazzonia.