martedì, 21 Marzo
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Brasile: come i politici populisti usano la religione per vincere

Le elezioni presidenziali in Brasile di questo autunno offrono un assaggio di come i leader populisti del 21° secolo stiano usando la religione per entusiasmare la loro base elettorale. L’incumbent di destra Jair Bolsonaro, è salito al potere nel 2018 con il sostegno degli elettori cristiani evangelici, che si sono affezionati al suo conservatorismo sociale.
E mentre alcuni sondaggi suggeriscono che questo supporto potrebbe essere eroso da allora, Bolsonaro continua a corteggiare il sostegno evangelico. Ha inquadrato l’elezione come una battaglia tra ilbenetimorato di Dio e ilmaledell’opposizione.
Il 13 agosto 2022 è stato visto durante la marcia per Gesù a Rio de Janeiro tra migliaia di suoi sostenitori evangelici. Il candidato dell’opposizione ed ex Presidente Luiz Inácio Lula da Silva sta tentando di riconquistare quei voti invocando un linguaggio religioso, riflettendo come Bolsonaro ha rimodellato il panorama politico.

Questa è in parte una questione di numeri -i protestanti evangelici costituiscono circa un terzo della popolazione brasiliana (stimata in circa 70 milioni di persone)- ma è anche una questione di stile politico.
Bolsonaro si rivolge all’elettore evangelico conservatore perché ha bisogno del loro voto, ma anche perché il loro linguaggio e i loro valori si allineano bene con il suo messaggio populista. Al centro della politica di Bolsonaro c’è un’agenda conservatrice pro-famiglia che include opinioni negative sull’omosessualità e sull’aborto.
I politici populisti adottano uno stile distintivo. Sono prevalentemente nazionalisti, affermano di rappresentare la vera volontà del popolo, eppure lo fanno dividendo la società in campi binari: chiappartiene e chi no.

Questo allineamento del populismo di destra a una base cristiana non è limitato solo al Brasile. Lo vediamo nell’autoritarismo rialzista di leader come l’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il leader francese di estrema destra Marine le Pen e il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán.
Secondo i sociologi Andrew Whitehead e Samuel Perry, l’ascesa al potere di Trump ha coinciso con un’impennata del nazionalismo cristiano. Descrivono il nazionalismo cristiano come una«struttura culturale -una raccolta di miti, tradizioni, simboli, narrazioni e sistemi di valori- che idealizza e sostiene una fusione del cristianesimo con la vita civile americana».
Nella loro ricerca, Whitehead e Perry scoprono che quei cittadini statunitensi che erano più favorevoli al nazionalismo cristiano hanno maggiori probabilità di sostenere tipi di leadership autoritaria, modelli ‘tradizionali’ di famiglia e una comprensione dell’identità americana che privilegia coloro che sono cristiani, bianchi e nativi. Erano anche più propensi a votare per Trump nel 2016.

Bolsonaro, conosciuto da alcuni come il ‘Trump of the Tropics‘, è un aperto ammiratore dell’ex Presidente degli Stati Uniti. Narendra Modi è rimasto un forte sostenitore del nazionalismo indù durante il suo mandato come Primo Ministro dell’India.
In Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, presidente o primo ministro per la maggior parte degli ultimi 20 anni, ha radunato un populismo islamico. Il Partito per la giustizia e lo sviluppo di Erdoğan sostiene di difendere i valori della maggioranza musulmana turca contro la sua élite laica.

Il legame tra religione e populismo è, in parte, una questione di retorica. Il populismo favorisce il linguaggio delle distinzioni binarie -verità e falsità, giusto e sbagliato, noi e loro, cittadino e immigrato.Certe forme di religione organizzano il mondo in categorie similmente dualistiche, fondate sulla convinzione che l’universo sia divinamente ordinato in questo modo.
I populisti affermano anche di appellarsi direttamente alla volontà del popolo, rifiutandol’autorità delleélite‘, attaccando i media, l’establishment politico, le università, l’intellighenzia o le grandi imprese.

Il populismo non è sempre associato alla religione, e nemmeno i populisti usano sempre un linguaggio religioso. Ma la connessione è forte, anche se non sempre semplice. Ad esempio, la religione non è universalmente adottata dai populisti come alleata.
In tutta Europa, il sentimento anti-islamico è stato a lungo invocato dai movimenti nazionalisti di destra. Il partito del Raduno Nazionale di Marine le Pen (ex Front National) ora si batte per la ‘de-islamizzazione’ della Francia, presentando i musulmani sia come una minaccia alla sicurezza che come una presenza culturale aliena. La religione funge da indicatore di chi non appartiene.

Le coalizioni di movimenti religiosi-populisti hanno trovato una causa comune nella loro opposizione a quella che viene presentata come un’agenda liberale ewoke‘. La recente apparizione di Orbán alla Conservative Political Action Conference (CPAC) in Texas ne fornisce unesempio lampante. Il CPAC è diventato un importante punto di raccolta per i nazionalisti cristiani negli Stati Uniti e il raduno di quest’anno è culminato in un discorso di chiusura di Trump.
Come Trump, Orbán caratterizza le sue ambizioni politiche come una lotta contro inemici della libertà‘, una ‘guerra culturale’ con le forze del liberalismo ‘woke’. Rivolgendosi ai delegati del CPAC, ha descritto l’Ungheria come «una Nazione vecchia, orgogliosa, ma grande come un David,che si erge da sola contro il Golia globalista».

L’uso di immagini bibliche da parte di Orbán non è unico tra i politici populisti. Trump è stato paragonato da alcuni sostenitori a re David: un leader imperfetto ma unto.
Trump ha promosso la causa evangelica cristiana attraverso le sue decisioni da Presidente. Ha usato il suo potere esecutivo per corteggiare il voto cristiano conservatore, con conseguenze monumentali per il popolo americano.
Durante i suoi quattro anni in carica, ha nominato tre giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, spostando l’equilibrio in una direzione conservatrice e rafforzando la sua posizione con la destra cristiana. Ciò portò al controverso ribaltamento di Roe v Wade, la sentenza che dal 1973 tutelava il diritto delle donne americane ad avere accesso all’aborto.

L’uso della religione per rafforzare l’ambizione politica non è una novità. Ma la mia ricerca suggerisce che negli ultimi anni la religione è stata usata come capitale politica in modo distinto tra i populisti.
Stiamo assistendo all’uso strategico e cinico della religione come mezzo per promuovere programmi nazionalisti e conservatori. Prende slancio proprio a causa delle somiglianze ideologiche tra il populismo e alcune forme di religione che aspirano a trasformare l’ordine sociale.

Non è ancora chiaro come questi cambiamenti influenzino le comunità religiose a livello di base. Ma laddove gli allineamenti con le tradizioni religiose portano frutti politici -come in Brasile, Stati Uniti e Turchia- possiamo aspettarci che coloro che cercano il potere continuino a cercare di usarlo per i propri fini.

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