Sono bastate poche ora a fare quasi sparire dalle prime pagine le notizie provenienti dall’Emilia, che raccontavano di bambini manipolati da amministratori e operatori al fine di sottrarli alle loro famiglie e affidarli ad altre compiacenti. Quando ci sono di mezzo i bambini, finisce sempre così, l’opinione pubblica preferisce concentrarsi su altro, i giornali lo sanno e si regolano di conseguenza, in fondo anche le notizie sono merce e dunque comanda il mercato.
Una ventina di anni fa, un magistrato mi aveva chiesto di periziare una mamma infanticida. Non avevo mai svolto perizie, ma una mi bastò, dopo quella volta decisi, infatti, di non svolgerne più, sebbene le conclusioni cui ero giunto fossero state apprezzate da tutte le parti in causa, eccetto il perito dell’accusa, che comunque sarebbe rimasto in minoranza.
Fu una sofferenza insopportabile, ancora oggi mi tornano in mente le immagini di quella creatura, appena ripescata dopo l’annegamento, seguito ad un’azione deliberata della madre, a sua volta provata da uno stato di enorme prostrazione interiore, che lei valutava soggettivamente senza uscita.
Un anno dopo, il piccolo Samuele Lorenzi, della stessa dell’altro bambino, tre anni, diventò la vittima del famigerato ‘delitto di Cogne’.
Da allora gli infanticidi non si sono per nulla arrestati, anzi, la differenza è che ci siamo assuefatti e dunque passiamo oltre con maggiore disinvoltura. Senza contare che se ampliassimo gli orizzonti, dovremmo considerare infanticidi anche tutti i bambini che lasciamo morire di fame e di sete ogni giorni nell’intero pianeta.
I bambini sono in assoluto le creature più fragili al mondo, non solo perché il cucciolo d’uomo è il più inetto tra quelli dei mammiferi e sconta lunghi periodi di dipendenza, ma soprattutto perché di loro non ci si occupa più, se non quando si innescano i dibattiti sui gruppi di genitori, talvolta più infantili dei piccoli, sempre furiosi con la maestra perché non esalta a dovere il genio della loro prole.
Anche questa, se non soprattutto, è la pedagogia odierna, una faccenda per vanitosi che cercano di sfuggire alla mortalità usando i piccoli per essere ricordati.
Di bambini si parla poco, per lo più in occasioni eccezionali, se ne discute quando vengono schiaffeggiati in una scuola materna, uccisi da genitori immaturi e violenti o affiorano scenari che ci colpiscono lasciandoci senza parole. Poi tutto torna come il giorno prima, fino al prossimo sfregio.
Ora, fondati o meno che dovessero rivelarsi i fatti di Bibbiano, l’occasione di tornare a ragionare sul nostro futuro, tali sono i bambini, non deve essere dispersa.
L’impazzimento di cui si parla, potrebbe trasformarsi in una salutare presa di coscienza, perché pensare che operatori e consulenti, invece di proteggere, possano inventare e mettere in azione simili macchine dell’orrore, qualche conseguenza dovrebbe innescarla, almeno così speriamo.
In genere le notizie che riguardano i piccoli sono effimere, durano lo spazio di un clamore, come accade anche per le cose che riguardano il disagio della persona e della famiglia. Soggetti sopraffatti dalla solitudine e scarsamente popolari nella comunità politica e civile, salvo che da quella frazione folcloristica che si riconosce nel popolo della famiglia, rappresentata nel governo dal Ministro Lorenzo Fontana, i cui ragionamenti fanno venire in mente la Fossa delle Marianne, lo sprofondo più abissale.
Manca una vera riflessione sul bambino e sull’ambiente che lo accoglie, la famiglia, appunto, non si riesce a mettere mano ad un dibattito collettivo sullo stato dei servizi sociali nel nostro Paese e su quelli alla persona in generale -ragionando anche di psicologia e di neuropsichiatria infantile- a cui dovrebbe essere dedicato un apposito ministero, guidato, però, da personale politico e tecnico di enorme competenza, non da individui che immaginano la famiglia come una proiezione di comunità arcaiche presenti nelle loro menti. La famiglia è assai più di quello che riescono a contenere le povere meningi degli integralisti, si tratta di una comunità naturale la cui forma non può essere decisa dal primo chierichetto che passa.
Le notizie di questi giorni non possono essere liquidate come uno dei tanti argomenti utili a muovere l’interesse dei Lettori più frettolosi, famelici consumatori di news, ammaestrati dai ritmi disumani di internet, responsabili dell’accelerazione disastrosa di tutti i processi relazionali, oramai consegnati alla superficialità più sconfortante.
Il bambino di oggi, paracadutato in un ambiente sconosciuto fino a pochi anni fa, quello digitale, è sempre più un oggetto misterioso, discosto dalla responsabilità di genitori che non riescono a vedere in lui una creatura altra da sé.
I bambini non sono una notizia e nemmeno strumenti al servizio delle nostre ambizioni, bensì il mondo stesso, tutto intero, se permetteremo che siano sopraffatti dagli scenari evocati in queste ore, mostruosi se fossero fondati, andremo incontro ad una fine lenta ma inesorabile, perché essi diventerebbero adulti persino peggiori dei loro aguzzini, e le generazioni successive inchioderebbero definitivamente il coperchio della bara.
Penso al civismo coltivato nelle scuole montessoriane del Nord Europa, numerosissime, a differenza che in Italia. Da una pedagogia di furbi non può nascere che una società di furbi, dove più si mente e più si scalano le graduatorie della collettività, dove si punisce chi salva vite e si osannano politici farabutti e ladri, elevandoli a modelli.
Stiamo attenti, quello che è accaduto a Bibbiano, se non diventa il centro di un dibattito nazionale sull’infanzia e sui soggetti educanti, famiglie incluse, ci travolgerà. L’Emilia, luogo di eccellenza pedagogiche e da sempre maestra dei servizi all’infanzia, che viene colpita per la seconda volta in maniera drastica (la prima riguarda i fatti, mostruosi anche questi, ricompresi nell’inchiesta ‘Veleno’), deve diventare punto di partenza per una nuova e definitiva consapevolezza, che faccia da volano al ritorno del primato dell’infanzia e dei suoi diritti nel cuore della comunità nazionale.