venerdì, 31 Marzo
HomePoliticaAttacco hacker in tutto il mondo, Ucraini accusano la Russia

Attacco hacker in tutto il mondo, Ucraini accusano la Russia

Usa avvertono Assad: ci sarebbero le prove di nuovi possibili attacchi chimici in preparazione

Ancora hacker in azione. Dopo Russia e Ucraina, un attacco ha colpito società in tutto il mondo. A finire nel mirino anche la centrale di Chernobyl. Secondo l’Agenzia nazionale per la gestione della zona contaminata, i sistemi interni tecnici della centrale funzionano regolarmente e invece sono parzialmente fuori uso quelli che monitorano i livelli di radiazione. Ko anche il sito della centrale elettrica.

Il virus responsabile, secondo la società di cyber sicurezza Group-IB – sarebbe ‘Petya’, un ransomware, cioè quella tipologia di virus che cifrano i dati con finalità di estorsione, perché per rientrare in possesso dei propri dati viene chiesto un riscatto agli utenti. La sua particolarità è quella di bloccare non solo singoli file ma l’intero hard disk del computer, cioè la memoria che archivia file, programmi e sistemi operativi. Secondo Symantec, sarebbe stato ‘armato’ con EternalBlue, lo stesso codice usato per WannaCry e rubato all’Nsa.

In Inghilterra a finire nel mirino è stata l’agenzia pubblicitaria Wpp, così come la francese Saint Gobin. Colpito anche il colosso dei trasporti marittimi Moller-Maersk. «Un attacco hacker senza precedenti ha colpito l’Ucraina ma i nostri specialisti informatici fanno il loro lavoro e proteggono le infrastrutture cruciali. I sistemi vitali non sono stati danneggiati, l’attacco verrà respinto e i responsabili saranno individuati» ha scritto su Facebook il premier ucraino Volodomyr Groysman.

Ad andare ko il sito della Rosneft, colosso petrolifero russo, mentre nella metropolitana di Kiev non si possono effettuare pagamenti elettronici ma il sistema dei trasporti funziona. Nell’aeroporto di Borispil, in Ucraina, si registrano ritardi ai voli. In Russia, oltre a Bashneft e Rosneft, anche Mars e Nivea sono coinvolte.

Ed è subito polemica. Secondo il consigliere del ministro dell’Interno ucraino Zoryan Shkiriak la colpa è di Mosca: «Credo non ci sia nessun dubbio che dietro a questi ‘giochetti’ ci sia la Russia perché questa è la manifestazione di una guerra ibrida». Ma l’esperto di sicurezza Andrea Zapparoli Manzoni all’Ansa avvisa: «L’uso del virus Petya è atipico per una azione cybercriminale su questa scala. Questo particolare ransomware potrebbe essere stato usato come mezzo distruttivo per la sua caratteristica di cifrare l’intero disco del computer, che quindi diventa inutilizzabile. Confondendo così le acque perché si tratta di un ransomware e non, strettamente parlando, di una cyber-arma. Perfetto quindi per coprire un attacco con finalità geopolitiche».

In Siria invece la situazione si fa sempre più tesa attorno al presidente Bashar al Assad. A lanciare un avvertimento è stata Washington, secondo cui ci sarebbero le prove di nuovi possibili attacchi chimici in preparazione. Il governo Usa ha avvertito Assad che se condurrà un altro attacco con questo tipo di armi, lui e il suo esercito «pagheranno un prezzo pesante».

Non si è fatta attendere la risposta della Russia con il portavoce di Putin, Dmitri Peskov: «Certamente noi riteniamo inammissibili tali minacce al governo legittimo siriano e riteniamo assolutamente inammissibile e inaccettabile l’uso di sostanze tossiche». Poi nel pomeriggio anche la replica del ministro siriano per la riconciliazione Ali Haidar, che ad ‘Associated Press‘ ha dichiarato che le accuse rivolte nelle ultime ore da Washington prefigurano una nuova campagna diplomatica contro la Siria nel consesso dell’Onu.

Rimanendo agli Usa, arriva la prima vittoria per Donald Trump. La Corte Suprema ha reintrodotto parzialmente il muslim ban, ossia il divieto di ingresso negli Usa da sei Paesi a maggioranza musulmana. Questo in attesa di un esame più approfondito che inizierà ad ottobre, ma che alla fine potrebbe rivelarsi inutile vista la natura provvisoria del decreto. Non saranno soggetti al bando però tutti coloro che pur venendo da Libia, Iran, Somalia, Sudan, Siria e Yemen dimostreranno di avere un legame stabile negli Stati Uniti, di natura familiare o di lavoro. Vietato invece l’ingresso a coloro che fanno richiesta del visto per la prima volta o che in America non hanno né famiglia né rapporti professionali con imprese. «E’ una chiara vittoria per la sicurezza nazionale. La mia prima responsabilità come Commander in chief è quella di garantire la sicurezza degli americani, e la decisione di oggi mi fornisce uno strumento importante per farlo», il tweet festante del presidente.

In Gran Bretagna, oltre alla Brexit, il tema di maggior attualità sono i pannelli isolanti utilizzati per ‘foderare’ i più alti edifici del Paese, dopo l’incendio che ha distrutto la Grenfell Tower e che ha causato almeno 79 morti. La premier Theresa May ha annunciato una indagine a livello nazionale che sarà parallela e separata da quella che dovrebbe essere affidata a breve a una commissione indipendente per far luce sulle negligenze dietro quel disastro. Ma a far litigare i partiti è la notizia dell’aumento di ‘stipendio’ per la regina Elisabetta, che nel 2018/19 passerà da 76 milioni di sterline a 82,2 milioni, con un incremento dell’8,15%. Già l’anno scorso le spese nette della sovrana sono aumentate di 2 milioni di sterline. Anche il principe Carlo ha visto aumentare gli introiti: il suo reddito derivante dalla proprietà terriera del Duchy of Cornwall è salito dell’1,2%, a 20,7 milioni di sterline.

E poi la questione Scozia. La first minister Nicola Sturgeon ha confermato che non cercherà per il momento di portare avanti il processo legislativo per arrivare ad un secondo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito, come invece paventato lo scorso marzo. L’esecutivo scozzese intende quindi ora ‘raddoppiare’ i suoi sforzi per assicurare il miglior accordo possibile per Edimburgo nel divorzio britannico dall’Ue e tentare di mantenere la Scozia all’interno del mercato unico europeo.

Dalla Ue si torna a parlare della sentenza della Corte di giustizia che vieta l’esenzione fiscale per la Chiesa cattolica in Spagna, se concessa per attività a scopo di lucro. «Le esenzioni fiscali di cui gode la Chiesa cattolica in Spagna possono costituire aiuti di Stato vietati se e nella misura in cui siano concesse per attività economiche», ha detto la Corte. Secondo il giudice Koen Lenaerts, questa sentenza può avere un effetto diretto anche sull’Italia: «La relazione tra Stato e Chiesa è un tema delicato in molti Paesi, ma questa sentenza è rilevante non solo per la Spagna, ma anche per l’Italia, e Paesi come Francia e Belgio che hanno un concordato con la Chiesa».

RELATED ARTICLES

Croce Rossa Italiana

spot_img

Save the Children

spot_img

Seguici sui social

Fondazione Veronesi

spot_img

Fondazione G. e D. De Marchi

spot_img

Fondazione Veronesi

spot_img

Salesiani per il sociale

spot_img

Campus Biomedico

spot_img
Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com