Il Consiglio di Indirizzo della Fondazione Arena di Verona ha messo in liquidazione l’ente lirico, il più importante del Paese. Cosa succederà ora lo ha fatto intendere il Sindaco di Verona, e Presidente dell’ente, Flavio Tosi: «questo non significa che salterà la prossima stagione lirica estiva. Ma che serve uno strumento alternativo, e il Festival lirico non sarà più organizzato dalla Fondazione Arena, che sarà posta in liquidazione». La decisione, che fa seguito all’esito negativo del referendum tra i dipendenti sul piano, accolto dai sindacati, che prevedeva tagli per qualche milione di euro, non è ancora definitiva poiché deve essere sottoposta al Ministero dei Beni Culturali, ma se la richiesta verrà accolta dal Mibac, «dovrà essere definito un altro strumento che organizzi in maniera più privatistica la stagione estiva in Arena», ha dichiarato il Sindaco.
Tutto chiaro? Per niente, perché il tema Fondazione Arena di Verona è “molto complesso e di difficilissima comprensione. Bisogna, prima di tutto, capire di cosa si sta parlando e capire che non si sta assolutamente parlando solamente di una Fondazione Lirica, ma di un anfiteatro romano all’aperto che dal 1913 è diventato il teatro all’aperto più grande e famoso al mondo, dando a Verona un primato ed uno strapotere assoluto nel mondo dell’Opera”, ci dice Alessandro Casadei, persona introdotta nel 2003 dall’Amministrazione in Fondazione per affiancare l’allora Sovrintendente e rimasto interfaccia ‘più o meno nascosta’, ricoprendo vari incarichi di Assistente al Sovrintendente, Facente Funzioni alla Sovrintendenza, Responsabile Archivio storico, anche per le successive amministrazioni sino al 2009, anno nel quale presentò le dimissioni all’attuale Sovrintendente Girondini.
Altresì: i fatti dell’Arena devono aprire una riflessione sulla politica di gestione degli enti lirici in Italia, che, dunque, riguarda una fetta importante di cultura e business della cultura italiana, “il problema, allora, diventa quello di reinventare l’opera e scavalcare la zavorra legislativa che non l’ha tutelata”, afferma Michele Trimarchi, vice-Presidente della Fondazione Teatro Comunale di Bologna, esperto economico in progetti di cooperazione culturale internazionale e collaboratore in amministrazioni pubbliche e organizzazioni private italiane per il ridisegno delle politiche culturali.
L’Arena non è solo Opera, “all’Arena sono passati i più famosi artisti di musica contemporanea di tutto il mondo, per chiunque uno spettacolo, un concerto all’Arena è un traguardo dal fascino e dal prestigio assoluto”, spiega Casadei. I più grandi nomi del panorama mondiale della musica, da Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, ad Elton John, Pink Floyd e tutti gli altri, non ultimi Luciano Pavarotti e Ennio Morricone, descrivono gli spettacoli nell’anfiteatro scaligero come unici ed indimenticabili.
Ma partiamo dall’inizio: “l’Arena di Verona è uno dei più grandi e ben conservati esempi di architettura ludica romana risalente al I° secolo d.C. dedicato ai famosi ‘Ludi Romani’ e quindi nulla a che vedere con cultura o affini. Per più di 1.700 anni l’Arena fu luogo di morte, dalle lotte tra gladiatori al martirio dei cristiani, per passare poi ad essere luogo di abbandono e perdizione, oltre che di morte e residenza obbligata, per le prostitute – vivevano negli arcovoli, dove accadevano omicidi e nefandezze di ogni tipo. Solo il 26 febbraio 1590 si tenne la prima Giostra Cavalleresca all’interno dell’anfiteatro, l’ultima si tenne il 20 Novembre 1716”. La prima recita all’interno dell’Arena risale al luglio del 1713, fu la ‘Merope’ di Maffei, messa in scena dalla compagnia di Luigi Riccoboni, che ebbe come assistente tale Carlo Goldoni che, nel 1733, lasciò nelle sue Memorie una descrizione di uno di questi spettacoli, con i nobili facoltosi seduti su delle sedie in legno nella cavea di fronte al palco (l’attuale platea), ed il popolo seduto nelle gradinate. Nel frattempo l’anfiteatro continuava ad avere scopi civili, quali le battaglie di tori e varie riunioni cittadine. Dunque, quando inizia questa grande tradizione lirica? Inizia esattamente nel 1856, con la prima stagione lirica che vide rappresentati ‘Il Casino di Campagna’ e ‘La fanciulla di Gand’ di Pietro Lenotti e ‘Le convenienze teatrali’ ed ‘i Pazzi’ di Gaetano Donizetti. Dal 1913 con ‘Aida’ si aprì ufficialmente il Primo Festival Lirico Areniano.
“Tutto questo per evidenziare, da una parte, la tormentata vita del monumento, dall’altra, appunto, che è un monumento all’interno del quale è possibile fare rappresentazioni liriche…ma non è assolutamente un teatro”, e questo è un punto centrale, secondo Casadei, per capire le vicende di questi giorni. “Non è assolutamente un teatro intendendo tale termine nell’accezione comune di luogo stabile dove un gruppo di persone lavora per la messa in scena di una rappresentazione. La storia ci ha insegnato che per ben più di 1900 anni l’Arena è stato un luogo all’interno del quale più persone, organizzazioni politiche piuttosto che civili, hanno organizzato di tutto, e solo negli ultimi 100 anni c’è stato chi si sarebbe dovuto occupare stabilmente di Opera. Considerazione che fa intuire le molteplici possibilità del monumento e quindi perché fossilizzarsi solo sull’Opera? Ben lo ha dimostrato la gestione di questi ultimi dieci anni circa che ha pareggiato più o meno il numero di serate di lirica con serate di diverso genere di fatto ben più redditizie (‘Amici’, Zucchero, Celentano, Ligabue…e potremmo continuare con i vari Galà e Premi per pagine intere)”.