domenica, 26 Marzo
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Allerta terrorismo: dove potrebbero colpire?

La minaccia terroristica in Italia, che per qualche tempo sembrava essersi sopita, è tornata a farsi sentire forte negli ultimi giorni. In concomitanza con le notizie provenienti dal Medio Oriente, che parlano di uno Stato Islamico sempre più in difficoltà e in ritirata, è salita l’allerta per quanto riguarda le azioni terroristiche che potrebbero essere compiute alle porte di casa nostra, quando non addirittura all’interno delle mura domestiche, come testimoniato dalla recente ondata di arresti.

L’Italia non è mai stata, fino ad oggi, vittima degli attentati terroristici di matrice islamica, né nei primi anni Duemila, quando la minaccia proveniva da al Qaeda, né negli ultimi tempi con l’avvento dell’ISIS. Diversa sorte è invece toccata a Francia, Germania, Inghilterra, Belgio e Spagna. Anche la nostra penisola è sempre stata un obiettivo dichiarato dello Stato Islamico e mai come oggi la sua incolumità sembra a rischio. Quali sono gli obiettivi più a rischio sul territorio italiano? Enrico Colarossi, del Servizio investigativo delle Forze di Polizia, ne ha indicati alcuni in un precedente articolo: andremo ora ad analizzarne le ragioni storico culturali.

La Basilica di San Petronio di Bologna è uno degli obiettivi considerati più a rischio dagli esperti. Negli scorsi anni, la Chiesa dedicata al santo patrono del capoluogo emiliano aveva già ricevuto minacce da parte di alcune frange estremiste, come dimostravano le scritte, che recitavano ‘Allah akbar’ ritrovate sulla statua del santo nel 2016. Come mai quella che è una delle Chiese più importanti ed imponenti d’Europa è stata presa di mira dai fondamentalisti islamici? La ragione è una: all’interno dell’edificio è presente un affresco, attribuito a Giovanni da Modena e risalente al XV secolo, in cui vi è una raffigurazione di Maometto. Già questo dovrebbe bastare ad accendere gli animi dei fedeli musulmani, in quanto, per la tradizione islamica, è fatto divieto agli uomini di raffigurare il volto del Profeta.

Ma non è tutto. In questa opera, Maometto è rappresentato all’Inferno, torturato e divorato da alcuni demoni. È un dipinto ispirato ai versi danteschi della Divina Commedia, in cui il Profeta appare, descritto con termini volgari, all’interno del Canto XXVIII nel girone dei seminatori di discordie: è sventrato da un diavolo, separato a metà, così come lui, che in vita aveva ‘separato’ le genti, fondando una religione diversa da quella cristiana. Una pena dettata dalla legge del contrappasso, per analogia alla colpa attribuita da Dante Alighieri (la cui tomba, situata a Ravenna, potrebbe essere, per questa ragione, un obiettivo simbolico del terrorismo islamico). Il dipinto ha causato nel corso degli anni diverse dimostrazioni di malcontento, tanto vennero fatte proposte per rimuoverlo dalla Basilica, o perlomeno coprirlo, per non offendere la sensibilità delle persone di religione musulmana.

Anche Venezia è considerato un obiettivo ad alto rischio. Il capoluogo veneto gode di un particolare legame con il mondo arabo: è l’unica città europea ad avere un nome in arabo, al-Bunduqyyia. Questo nome, dall’etimo incerto, è simbolo di una lunga storia di contatti fra Venezia e il mondo orientale e, in particolare arabo. Nel corso della sua storia, la Serenissima Repubblica di Venezia è stata una vera e propria potenza commerciale, con contatti (e conseguenti rivalità) con tutte le città portuali più importanti del Mediterraneo. L’interscambio culturale, diplomatico e, soprattutto, commerciale fu notevole, tanto che la forza della Serenissima era dovuta per grandissima parte a questo canale privilegiato che legava il mondo islamico a quello veneziano. Il confronto fra i due mondi ha conosciuto anche momenti di scontro nel corso dei secoli: fra XV e XVIII sono scoppiati una serie di conflitti per ragioni militari, territoriali e commerciali che vengono generalmente chiamate ‘guerre turco-veneziane’, che vedevano la Serenissima Repubblica coinvolta contro l’Impero ottomano. Tuttavia, Venezia è tutt’ora centro culturale all’avanguardia per quanto riguarda gli studi sulla cultura turca, in particolare, e araba in generale, e rimane, come da tradizione, la porta d’ingresso del mondo occidentale per chi proviene da Oriente.

Colpire Venezia significherebbe dunque andare a colpire quel legame che lega le due aree del mondo, le sue relazioni e tutta la sua storia, fatta di momenti di scontro e di incontro. Colpire il capoluogo veneto vorrebbe dire andare a danneggiare gravemente il frutto della commistione di due culture, andare a separare ciò che per secoli è stato unito. Piazza San Marco, la sua Basilica il suo iconico campanile sarebbero gli obiettivi principali e più sensibili da questo punto di vista, potendo colpire, così, il simbolo di Venezia per eccellenza e un simbolo della cristianità. Il vescovo di Venezia si chiama ‘Patriarca’, testimone del legame di Venezia con il mondo bizantino, quegli stessi bizantini che furono poi sconfitti dagli ottomani nel 1453: colpirne la ‘casa’ sarebbe un mondo per rievocare quell’evento.

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