In queste giornate di temperature da primato, vedere pochi turisti in giro nelle nostre città d’arte è cosa più che rara, naturale. Lo era anche qualche anno fa, prima che l’invasione di massa sconvolgesse regole e abitudini. Di questo stiamo cazzeggiando comodamente seduti all’aperto in una pizzeria al centro di una delle piazze più asimmetriche che esistano in Firenze, tra il retro di Palazzo Vecchio, il Museo Zeffirelli e, alle nostre spalle il Museo Nazionale del Bargello. Ah come sarebbe più godibile la città senza l’invasione del turismo di massa, quello del mordi e fuggi, cui ci eravamo rassegnati; nostalgici? Peggio. Se non altro, dice qualcuno, il periodo di chiusura imposto dal virus ci ha restituito una ‘normalità’ cui ci eravamo disabituati.
Godiamocela dunque, così come stanno facendo proprio quei turisti che in un tavolo vicino ( ma non troppo!) si domandano quale dei due David sia il più affascinante: quello di Michelangelo o quello di Donatello? Dal nostro tavolo, Rosanna, cara amica e guida turistica tra le più apprezzate, interviene nella ‘loro’ disputa: ‘Quello del Verrocchio!’, Stupore in giro. E perché? Lungo sarebbe addentrarci in un simile ginepraio tanti sono i motivi citati a favore di questo giovinetto, il più biblico di tutti, assomigliante al giovin Leonardo che del Verrocchio fu allievo. Se qualcuno volesse però approfondire l’argomento, da oggi potrà farlo più agevolmente, osservando da vicino due dei tre David, simbolo – tutti – della libertà fiorentina: quello del Verrocchio, appunto e di Donatello, cui il cinema italiano si è ispirato per un famoso Premio, che inizialmente si teneva a Firenze poi traslocò a Roma ( per la verità ce ne sarebbe un altro, in marmo, di Donatello, sempre al Bargello, ma non è il caso di chiamarlo in causa). E l’altro, quello Michelangiolesco, il più celebre, ineguagliabile icona adorata dalle fanciulle più o meno stagionate di tutti i continenti, si trova a poche centinaia di metri, nella Galleria dell’Accademia, davanti alla quale non ci sono più le code chilometriche dei mesi precedenti il Covid-19. Le altre, quelle che vediamo in giro sono copie, solo copie, spesso orribili.
Ebbene, poter vedere da vicino ( vietato toccare!) i due David adolescenziali in un ‘unica visita è cosa che non ha eguali. E da oggi – 4 agosto 2020 – lo si potrà fare, anche se solo al mattino (8,45-13,30) essendo il Museo del Bargello ancora sottoposto a lavori di restauro, dopo che in questi mesi di chiusura è stato fatto un intervento di rifacimento dei servizi igienici. Una sosta al Bargello è d’obbligo per chiunque ( turisti studiosi e residenti) in quanto vero e proprio pantheon della scultura rinascimentale fiorentina dove è possibile muoversi tra i capolavori di Michelangelo, lasciarsi sedurre dalle sculture di Donatello e del Verrocchio, ammirare l’ingegno dei Della Robbia e la maestria di Cellini e Giambologna e poi smalti, avori, gioielli, tessuti e innumerevoli oggetti d’arte decorativa. Ma il Bargello è soprattutto, uno dei luoghi più amati e suggestivi di Firenze. Innanzitutto è il primo Museo del nuovo Stato italiano, istituito con decreto nel 1865, al tempo di ‘Firenze Capitale’, operazione che non ha prodotto solo guai e debiti, come i fiorentini più tradizionalisti e lamentosi hanno continuano a dire per lunghi anni; si trova nella parte più antica della città, in uno dei più antichi palazzi, la cui edificazione – racconta il Villani – iniziò nel 1250, per farne il Palazzo del Capitano del Popolo, detto il Bargello, poi del Podestà, divenuto Carcere e infine Museo. La sua edificazione fu uno dei fruttidella florida e dinamica società comunale, quella che nel 1252 conierà il ‘fiorino d’oro’, la moneta che si affermerà sulle piazze europee e mediorientali più famose, accrescendo di lustro, risorse e potere i rappresentanti della nascente borghesia imprenditoriale e produttiva fiorentina, nonché rappresentanti delle Arti Maggiori.
Certo, la storia ha attraversato quel palazzo con l’impeto e la violenza che conosciamo e che personalità illustri portano impressa sulla pelle o negli occhi. E’ il caso del giovane Leonardo da Vinci, il quale frequentando lo studio del padre, il notaio Ser Piero, situato proprio di fronte al Palagio, fu testimone dell’ esecuzione avvenuta proprio là dentro di Bernardo di Bandino Bandinelli, uno dei membri della ‘congiura dei Pazzi’ dove perse la vita Giuliano de’ Medici, mentre Lorenzo riuscì a salvarsi. Fuggito a Costantinopoli Bandino fu preso dai turchi e riconsegnato a Lorenzo e quindi giustiziato nel Palazzo del Podestà ed ‘esposto’ in piazza della Signoria. Era il 29 dicembre 1479. Il giovane Leonardo, diciottenne, nel disegnare ‘l’impiccato’ annotò diligentemente anche le vesti del condannato: “berrettino di tulle, farsetto di raso nero…”.
Miglior sorte toccò invece all’amato ( da noi) Niccolò Machiavelli, segretario della Repubblica fiorentina e Ambasciatore, spesso inascoltato o incompreso, il quale, accusato di connivenza in una cospirazione antimedicea, si presentò volontariamente alle autorità che lo imprigionarono proprio al Bargello dove fu pure torturato. Correva l’anno 1513. Poi con l’elezione al soglio pontificio del Cardinale Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico Lorenzo, che prese il nome di Leone X, la città si abbandonò ad un periodo di festeggiamenti, in occasione dei quali, quale gesto magnanimo, anche le porte del carcere si aprirono e il Machiavelli, bandito dalla vita pubblica, potéritirarsi nella sua casa di campagna a S.Casciano. Interrompeva l’esilio solo per partecipare negli orti della famiglia Rucellai a Firenze, a quelle dotte conversazioni da cui nacquero il Principe e i Discorsi, due opere senza le quali la storia del pensiero politico moderno sarebbe inconcepibile. Dallo studio della storia classica e contemporanea Ser Niccolo’ intese estrarre quelle leggi o ‘massime generali’ che ‘raro fallano’. Se a lungo ignorate rimasero le sue riflessioni sul tema dei caratteri di uno stato moderno, una cosa apparve chiara: laddove, come in Italia, il processo di disgregazione politica e di corruzione aveva raggiunto il suo punto più basso, il ‘principato nuovo’ non era concepibile al di fuori di un processo di rigenerazione totale e di un’atmosfera di tensione rivoluzionaria. Riflessioni sempre attuali. Ser Niccolò, con il suo impegno di ‘intellettuale militante’ che è all’opposto dell’autocompiacimento del dotto, è ancora oggi una delle figure più innovative e stimolanti del pensiero moderno. Dunque, il Bargello, che da oggi ha riaperto i battenti, non è soltanto un Museo ma un pezzo significativo della storia fiorentina: sede delle principali magistrature cittadine, il podestà in primis, per poi diventare il palazzo del capo delle forze di polizia (il Bargello) e quindi luogo di detenzione. Una veste, quella carceraria, dismessa solo nell’Ottocento quando, a seguito della scoperta del più antico ritratto dedicato a Dante Alighieri dalla bottega di Giotto, venne completamente restaurato e trasformato nel primo museo nazionale del neonato stato italiano.
Ma dopo questa lunga fase di chiusura, che Museo troveranno i visitatori? Paola D’Agostino, che dirige i Musei del Bargello, si dice sicura che troveranno “un Bargello diverso ad attenderli”. Mentre le sale espositive – precisa – con i capolavori di Donatello, dei Della Robbia, di Verrocchio, di Michelangelo, di Cellini e di Giambologna presenteranno inalterato il loro charme originale, la visuale del cortile interno del palazzo sorprenderà sicuramente molti del pubblico che, di fronte a un ampio ponteggio velato che cela parte delle pareti dell’edificio, potrebbero anche pensare a una sorta di omaggio postumo all’artista Christo e alle sue opere. In realtà si tratta, più prosaicamente, del segno tangibile di un importante e delicato lavoro di restauro e manutenzione dell’edificio avviato nelle scorse settimane: al fine di ottimizzare il prolungato periodo di chiusura al pubblico, contemporaneamente al rifacimento dei bagni, la Direzione ha infatti avviato un’importante revisione conservativa del cortile interno del museo, delle facciate esterne e della torre medievale.
“ Si tratta“ – prosegue la responsabile del Museo – “di fondamentali lavori di tutela e di messa in sicurezza di uno degli edifici più antichi e importanti di Firenze, finanziati dal Ministero per i beni, le attività culturali e per il turismo (MiBACT) e programmati per svolgersi garantendo comunque l’apertura al pubblico del museo. Si è iniziato dal Cortile, con l’allestimento dei ponteggi interni, poi si interverrà anche sulle facciate esterne del palazzo e sull’antica torre – in modo da operare, nel corso del prossimo anno, un ampio lavoro di restauro complessivo e di manutenzione di tutte le facciate del palazzo.” A seguito dell’acquisizione, avvenuta lo scorso anno, dell’antica Chiesa di Sam Procolo, poco distante, destinata a diventare -una volta restaurata – sede espositiva, si viene a potenziare “ il ruolo centrale del Bargello all’interno dell’offerta culturale della città di Firenze.” Una centralità aggiunge “che deve partire proprio dal senso di appartenenza alla comunità cittadina“. Dunque, con le opportune cautele ( misurazione della temperatura e non più di 150 visitatori ogni ora) sarà possibile, da oggi, visitare quello che – sottolinea la D’Agostino “non è solo uno dei musei più belli di Firenze, ma una parte imprescindibile della sua storia, un luogo che rafforzerà, specie in questo delicato momento storico, il rapporto del museo con la filiera culturale, produttiva e commerciale di Firenze. Per questo stiamo organizzando una serie di incontri con quanti –operatori nel settore della ricerca storico-artistica, nel turismo ma anche con gli esercenti commerciali– operano intorno al museo.“ A settembre ci sarà un incontro con le varie categorie che operano attorno a piazza San Firenze, per coinvolgerle nei Progetti che potranno consentire la riscoperta, anche a fini turistici, dei suoi tanti capolavori e tesori, a volte poco noti.
E intanto, a sottolineare lo stretto rapporto del Bargello con la realtà artistica e culturale fiorentina, nei prossimi giorni ( 5, 6,7,8 agosto) torna in scena, nell’austero cortile, com’è avvenuto in passato con la Mandragola del Machiavelli, La Compagnia delle Seggiole di Fabio Baronti, per proporre uno spettacolo dal titolo “All’ombra del potere”, una serie di azioni sceniche ( testi di Riccardo Ventrella), con attori e musici in abiti del XV e XVI Secolo che, ai piedi dello scalone monumentale e nelle varie sale, faranno rivivere personaggi che in quel luogo hanno avuto a che fare con la giustizia, come Geri da Volognano, Giovan Battista da Montesecco, congiurato dei Pazzi che nel Bargello venne decapitato e ora torna a rivelarsi perché ancora in cerca della propria testa, e ritroveremo anche Ser Niccolò Machiavelli, di cui già s’è detto, e del quale ascolteremo le sue argomentazioni, infine, nel Salone di Michelangelo e del Rinascimento ecco l’incontro con il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, ovvero colui che nel 1786 abolì la pena di morte. Il Granducato di Toscana è il primo Stato al mondo ad aver abolito formalmente la pena di morte..
Ce n’è abbastanza per ricordare l’importanza di questo Museo che, tra i tanti capolavori, pone a confronto due ben David di straordinario fascino, quelli bronzei di Donatello (1440 circa) e del Verrocchio (1470 circa). Il primo, di Donatello, commissionato da Cosimo il Vecchio, è anche il primo nudo dell’età post classica, divenuto uno dei simboli del Rinascimento, un’opera che ha seguito i Medici nei loro vari trasferimenti da Palazzo a palazzo, passato in mani repubblicane fu posto nel cortile di Palazzo Vecchio, Savonarola lo nascose in una stanza per la sua nudità, con Leopoldo finì agli Uffizi e, infine, con lo Stato Unitario venne spostato al Bargello, dove non si è più mosso. Pardon, una volta – era il 1930 – il Regime mussoliniano volendo farsi bello con il Regno Unito, lo inviò ad una esposizione a Londra e per poco la nave non naufragò. Il cinema italiano lo scelse come all’alternativa all’Oscar e come segno di Rinascita del nostro paese dopo la catastrofe della seconda guerra. Il David del Verrocchio è abbigliato invece come un adolescente paggio cortese, nessun copricapo, sguardo sfuggente, sorriso appena abbozzato quasi di sfida. E la sfida, almeno tra i due David, è al massimo livello. Perché perdersela?