Inizia oggi la 4 giorni di consultazioni elettorali per il rinnovo del Parlamento europeo di Strasburgo e per l’elezione del presidente della Commissione Europea. I primi Paesi ad aprire le danze sono stati Olanda e Gran Bretagna. Come in Italia, nel Regno Unito la consultazione riguarderà anche il rinnovo di diversi consigli amministrativi locali.
Il numero complessivo degli europarlamentari che gli elettori della UE dovranno scegliere ammonta a 751. Stando agli ultimi sondaggi, grazie a un risultato senza precedenti in alcuni stati chiave, i partiti populisti ed euroscettici potrebbero portare in Parlamento un consistente numero di rappresentanti. Significativi, a riguardo, i dati diffusi dall’Eurobarometro dell’Istituto Cattaneo, relativi all’indice di gradimento della moneta unica e aggiornati a fine 2013: dal 2007 i favorevoli nell’Eurozona alla moneta unica sono passati dal 69% al 66%, mentre nei Paesi dell’area mediterranea – che sono stati più colpiti dalla crisi economica – i favorevoli sono diminuiti dal 64% al 57%. Quanto all’Italia, nel 2002 i favorevoli all’Euro erano il 76%, crollati al 23% nel 2013. Il trend negativo nel gradimento di uno dei simboli più quotidiani e tangibili della UE spiega ampiamente l’avanzata degli euroscettici e dei populisti. Il loro più che possibile successo desta un certo grado di preoccupazione nei governi europei, per il momento con l’unico effetto di infiammare sensibilmente il livello del confronto elettorale in questi ultimi giorni. Quanto a veemenza dei toni, la campagna elettorale italiana ha saputo distinguersi in maniera particolare, tuttavia anche altri Paesi non hanno mancato di dare il loro contributo. Ha destato scalpore la furiosa reazione dell’insospettabile Ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier a un gruppo di rumorosi oppositori durante un comizio tenuto a Berlino assieme a Martin Schulz, candidato del PSE alla carica di presidente della Commissione europea. L’impeto del ministro tedesco è stato immortalato in un breve video divenuto virale: in 2 giorni ha realizzato quasi 900mila visualizzazioni solo su Youtube.
Ai microfoni di “Radio Anch’io”, il Primo Ministro Matteo Renzi ha dichiarato: «Se non mi fanno fare le riforme allora si che è fallito il mio progetto e vado a casa», precisando che «il rischio è quello che qualcuno, non tanto nel partito (PD, ndr.), ma nel Parlamento, provi a bloccare le riforme». Sollecitato dall’intervistatore, il premier ha commentato evasivamente l’aumento dello spread a 200 punti registrato nella giornata di ieri: «È naturale che quando c’è una prospettiva di sviluppo i mercati mandino sotto lo spread: ora gli operatori leggono i giornali, ma io non credo ai burattinai». Sull’ipotesi ripetuta gli scorsi giorni da Silvio Berlusconi in merito a un ingresso di FI nel Governo dopo le elezioni, Renzi ha risposto: «FI, come il M5S, è all’opposizione. Non allargo la maggioranza. Sono pronto a fare riforme con gli altri ma il governo non si può fare tutti insieme»; e ha assicurato che «Se falliamo la colpa è mia. Non cerco alibi. Ma se vinciamo vincono gli italiani». Infine, alla domanda sul perché il PD abbia deciso di candidare in Europa persone già elette in Italia, l’ex sindaco di Firenze ha risposto: «Credo sia importante portare l’esperienza del Parlamento italiano nel Parlamento europeo, ci vuole esperienza. Se non mandiamo gente competente e preparata non tocchiamo palla. In Europa il possesso palla negli ultimi anni è stato pari a zero perché gli altri avevano persone più preparate».
Nel corso della giornata, il premier ha proseguito la campagna elettorale partecipando a diversi incontri e comizi, chiamando tutte le forze e le energie del PD a un ultimo sforzo. Due i temi ribaditi a perdifiato dal segretario del PD. Il primo è per cercare di convincere gli indecisi facendo leva sul tema che quello per il PD è un voto utile per fare gli interessi dell’Italia in Europa. Il secondo tema è teso, invece, a contrastare il valore politico conferito a queste elezioni dal M5S, perché il Presidente del Consiglio può essere mandato a casa solo dal Parlamento: «Vado a casa domani mattina – ribadisce Renzi – se il Parlamento mi impedisce di fare le riforme». Sull’esito della tornata europea ostenta ottimismo: «Questa volta ce la possiamo fare. I dati delle ultime ore sono straordinariamente incoraggianti, i sondaggi ottimi», sbilanciandosi addirittura nella previsione che il M5S prenderà meno voti rispetto alle politiche, mentre il PD crescerà sensibilmente.
Folgorato sulla via di Strasburgo dalle critiche per i toni da lui stesso utilizzati negli ultimi giorni, il premier ha preso le distanze da una campagna fatta a suon di urli, insulti e “vaffa”, perché ai cittadini servono risposte. Se da una parte ci sono Silvio Berlusconi e Beppe Grillo che si rendono protagonisti di una scena da ring che fa “tristezza”, dall’altra parte c’è un premier che “lavora”.
Renzi sarà stasera Roma in piazza del Popolo per la chiusura nazionale della campagna del PD condotta, non senza critiche, in prima persona. Se il premier in queste elezioni ci ha ‘messo la faccia’, si può dire che il PD romano ha sicuramente ‘perso la piazza’, visto che per la seconda volta consecutiva i dem non chiuderanno la campagna elettorale nella loro cornice tradizionale, ovvero piazza di San Giovanni in Laterano. Anche quest’anno, la più grande piazza di Roma se l’è aggiudicata domani il M5S: un colpo niente male per i 5Stelle.
In attesa della chiusura della campagna nazionale domani a Roma, Grillo oggi era a Firenze in un’affollatissima piazza Santissima Annunziata sia per spendersi per le europee, sia per sostenere il candidato del M5S, Alfonso Bonafede, a sindaco di Firenze; a quest’ultimo riguardo, l’obiettivo è arrivare al ballottaggio col renziano Dario Nardella, confidando nel ripetersi di quanto accaduto nell’elezione di Federico Pizzarotti. Il leader 5Stelle ha fatto il suo ingresso sul palco in braccio al parlamentare Alessandro Di Battista, un chiaro riferimento all’immagine di Roberto Benigni che tiene in braccio Enrico Berlinguer. Prendendo poi il microfono, Grillo ha lasciato intendere che è stata una ‘citazione’ voluta: «Il M5S è l’unico partito che porta avanti la questione morale di Berlinguer, siamo gli unici a portare avanti la sua eredità», afferma; e prosegue «Dopo Berlinguer non c’è più nulla, nel Pd non sono figli di operai ma di massoni». Dichiarandosi certo della vittoria “straordinaria” del MoVimento alle europee, ha aggiunto che «Dobbiamo rifare questo Paese dalle fondamenta dobbiamo ripensare la cultura e l’economia, non perché siamo megalomani ma perché siamo obbligati a farlo». E quanto alle polemiche sul paragone con Hitler, Grillo ha ripetuto quanto già detto qualche giorno fa a “Porta a Porta”: «sono oltre Hitler: sono Charlie Chaplin». Scherzi a parte, ha detto, «Noi siamo francescani, le nostre parole sono solidarietà, aiutare chi è rimasto indietro, dovrebbe esserci Bergoglio qui sotto».
Anche Berlusconi ha dato il suo decisivo apporto alla campagna elettorale di FI. Ospite a “Ominibus” (La7), ha detto che l’Esecutivo «è un Governo largamente inadeguato e quando qualcuno lo ha definito di dilettanti allo sbaraglio ho convenuto». Sull’aumento dello spread nella giornata di ieri ha dichiarato: «Lo spread e’ una bufala. Prima la guerra si faceva con gli eserciti mentre ora si fa con la finanza. C’è una lontananza forte tra lo spread e l’economia, perché lo spread riguarda una fascia ristretta del comparto finanziario. Quindi no, non mi preoccupo, noi avevamo a 570 punti lo spread e tutti i conti in ordine». L’ex Cavaliere è anche tornato sul presunto tentativo dei ‘burocrati’ europei per far cadere il suo Governo nel 2011: «Ho i dati, nel 2011 c’è stato un colpo di Stato. (…) Parlo di colpo di Stato quando un Governo eletto dai cittadini viene sostituito senza passare dalle urne. Io all’epoca non avevo le prove, ora le ho». In tema economico, giocando sul un consumato cavallo di battaglia, Berlusconi ha affermato: «Devo chiedere una cosa: a chi scegliereste di affidare i risparmi? A chi ha fatto solo politica come Renzi, a Grillo che faceva ridere e ora fa paura o a Berlusconi che ha una storia di imprenditore e che da uomo di Stato ha governato per nove anni senza mai aumentare le tasse? Lascio a voi la risposta». Immancabile, poi, la frecciata sul M5S: «Se prevalesse il M5S bisognerebbe pensare bene al dopo. Io credo che noi dovremmo guardare all’ipotesi delle Elezioni anticipate con molta attenzione: questa Legislatura non andrà a 2018, al massimo entro 18 mesi andremo a elezioni sempre che non avvengano fatti traumatici come la vittoria Grillo alle Europee. Che Dio ce ne scampi».
Ma Berlusconi non ha trascurato neppure il tema della sua eredità politica: «Escludo che un mio figlio possa diventare il leader di FI. I leader li sceglie la gente, che li deve anche amare. Poi la politica io la considero negativa e un padre liberale deve lasciare fare tutto a suoi figli, meno che suicidarsi». Per il momento, comunque, il leader rimane lui e non è intenzionato a farsi da parte tanto facilmente: «Nutro un folle progetto: da lunedì, a tempo pieno, andrò alla conquista di quel 50 per cento di italiani moderati ma rasseganti”, cercando di “trasformare questa maggioranza in maggioranza politica. Come fare? C’è solo il contatto personale, bisogna realizzare le community”. “Pensiamo di far nascere 12mila comunità in Italia. Resistenze dentro FI? C’è chi si vede in pericolo ed è geloso per le posizioni raggiunte ma credo che tutti i partiti debbano rinnovarsi».
Il CdM di oggi ha approvato un DL sulla cultura, chiamato Art-bonus: esso prevede il 65% di incentivi per chi fa opere di mecenatismo, detraibili in 3 anni. Ad annunciarlo è stato il Ministro per la Cultura Dario Franceschini, dando il via libera al provvedimento.
A detta del ministro, si tratta di una «norma che rivoluziona il rapporto tra pubblico e privato. (…) Uno strumento che ha funzionato molto bene. Oggi il sistema di incentivi fiscali per i privati che per un atto di liberalità e mecenatismo vogliono donare al pubblico per il recupero o il restauro un bene o un’opera d’arte o un museo, hanno detrazioni insignificanti». Con questo provvedimento, invece,il nostro Paese affianca nazioni come la Francia, che è ai primi posti per il mecenatismo. Con l’Art-bonus, in un regime di trasparenza, «se uno in Italia da un contributo ha un incentivo fiscale del 65%, detraibili in tre anni, si tratta di un grande cambiamento».