mercoledì, 29 Marzo
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Accordo Israele – Emirati Arabi Uniti: la religione addomesticata alla politica

Domani alla Casa Bianca i Ministri degli Esteri diEmirati Arabi Uniti e Bahrain e il Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, firmeranno i rispettivi accordi di pace che prevedono la normalizzazione delle relazioni tra Israele e i due Paesi del Golfo. L’accordo con il Bahrain era stato annunciato appena venerdì. Accordi stesi di fretta, ovviamente su pressione del mediatore Donald Trump, interessato a utilizzare questo che è sicuramente un successo per la sua politica estera in queste ultime settimane di campagna elettorale. Accordi che al momento ancora non è chiaro se recheranno la dicitura ‘Trattato di pace’ o ‘Trattato di normalizzazione’, né se il documento sarà un ‘trattato’ propriamente detto o altro.

La lettura politica, in particolare dell’accordo con gli Emirati, è abbastanza unanime: un successo per Israele, un gran brutto colpo per l’Iran (ma anche per Turchia e Russia) e peggio ancora per i palestinesi.
Ma c’è una lettura religiosa di questi accordi che sicuramente aiuta a fare più chiarezza sul lorosignificato politico. Accordo che probabilmente sarà seguito da altri, con altri Paesi arabi del Golfo e non solo.

Un significato religioso che dà senso al significato politico, visto che nel mondo arabo «la religione islamica gioca un ruolo chiave nel discorso politico».

Una lettura religiosa dell’accordo e dello scenario sul quale si è affermato viene dall’Institute for National Security Studies di Tel Aviv, da parte di due analisti dell’Istituto, Ofir Winter e Yoel Guzansky, i quali, hanno concentrato la loro attenzione sul primo accordo, quello tra Israele e gli Emirati, e ritengono che la sua legittimazione implichi quella che viene definita come unasfida normativo-religiosa’.

Nell’ultimo decennio in particolare, spieganoWinter e Guzansky, «gli Emirati Arabi Uniti (EAU) si sono adoperati per diffondere una dottrina politico-religiosa che definisce la pace come un valore islamico e un elemento fondamentale dell’identità nazionale». Unaposizione che è decisamente alternativa all’ideologica dell’Islam politico sostenuti dai Fratelli Musulmani e dalle forze salafita-jihadiste nella regione, promuovendo nel Paese una visione anti-islamista del Medio Oriente e promuovendo l’immagine internazionale degli Emirati Arabi Uniti come roccaforte della libertà religiosa, del pluralismo e del multiculturalismo.
«Nel 2016, gli Emirati Arabi Uniti hanno fondato un Ministero per la promozione della tolleranzae hanno dichiarato il 2019 Anno della tolleranza, durante il quale hanno ospitato un vertice tra il Papa e lo sceicco Ahmed el-Tayeb, Grand Imam dell’Università al-Azhar, la principale autorità religiosa in Egitto e il mondo musulmano sunnita. I leader religiosi hanno redatto congiuntamente il Documento sulla fratellanza umana con il preciso scopo di promuovere la pace globale e la convivenza tra persone di tutte le religioni. Nel 2022, è prevista l’apertura del complesso della casa della famiglia Abrahamic ad Abu Dhabi e ospiterà una moschea, una chiesa e una sinagoga. Ilcentro è progettato per promuovere i valori condivisi dalle tre religioni monoteiste e per promuovere la comprensione e l’accettazione reciproca tra tutti i credenti».

Il processo di normalizzazione che domani ufficialmente sarà sancito tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti «è stato modellato in questo spirito di riconciliazione» ed è stato propagandato «come un rinnovato riavvicinamento religioso tra musulmani, ebrei e cristiani», non a caso è stato chiamato ‘Accordo di Abramo’, padre delle tre religioni monoteiste.
Nell’annunciare l’accordo i protagonisti hanno sottolineato, e neanche questo è stato un caso, cheè previsto che tutti i musulmani amanti della pace sia permesso di pregare alla moschea di al-Aqsa e che gli altri luoghi santi a Gerusalemme saranno aperti ai credenti pacifici di tutte le religioni. «Istituzioni religiose ufficiali e giuristi musulmani negli Emirati Arabi Uniti hanno datola loro approvazione religiosa» a questo accordo e allo spirito che del medesimo è stato proposto.

Come gli accordi di pace tra Israele e Egitto e Israele e Giordania a suo tempo sono stati attaccati nei dai Fratelli Musulmani di Egitto e Giordania,così ora gli Emirati Arabi Uniti hanno subitol’attacco dall’asse islamista: TurchiaIran. Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di chiudere l’Ambasciata del suo Paese ad Abu Dhabi, l‘Iran ha definito l’accordo un «coltello nella schiena di tutti i musulmani», con Hamas che lo considera un tradimento della lotta del popolo palestinese.

LAutorità Palestinese considera la sospensione dell’annessione israeliana un risarcimento inadeguato per la deviazione di Abu Dhabi dall’iniziativa per la pace araba, che ha reso la normalizzazione subordinata a un accordo con i palestinesi basato sulle linee del 1967. «Il mufti di Gerusalemme Muhammad Hussein ha stabilito che i pellegrini degli Emirati Arabi Uniti non sarebbero stati autorizzati a pregare nella moschea di al-Aqsa. Mahmoud al-Habbash, l’Autorità Palestinese Suprema Qadi e il consigliere per gli affari religiosi di Abu Mazen, ha aggiunto che qualsiasi musulmano non palestinese venuto a pregare nella moschea sulla base dell’accordo di normalizzazione tra Israele ed Emirati Arabi Uniti è ‘indesiderato nell’Autorità Palestinese’. L’Autorità Palestinese teme che tali visite aiutino Israele a consolidare la sua immagine di Paese che consente la libertà religiosa, e lo aiutino a rafforzare la sua presa sui luoghi santi».

Anche più perniciose le accuse interne. L’accusa rivolta al Governo da parte dell’opposizione negli Emirati Arabi Uniti -oppositori in alcuni casi legata al Qatarè di aver violato l’articolo 12 della Costituzione del Paese, che impone la solidarietà araba e islamica, sottolineando la«contraddizione tra il sostegno obbligatorio alla causa palestinese e le connessioni con Israele».La sentenza dell’Emirates Fatwa Council, la suprema autorità religiosa del Paese, sostiene che«l’accordo con Israele èmaslaha(letteralmente:un interesse), un atto che salvaguarda uno o più degli obiettivi fondamentali della sharia (la legge)».L’uso del ‘maslaha’, sottolineano Winter e Guzansky, consente al Governo di Abu Dhabi di affermare che «i risultati politici dell’accordo con Israele hanno anche un valore religioso. Il presidente del Consiglio di Fatwa, lo sceicco Abdullah bin Bayyah, ha sottolineato che l’accordo rientra nell’autorità esclusiva del sovrano, il quale, concluso l’accordo, impedirà l’applicazione della sovranità israeliana alla Cisgiordania, incoraggiato la pace.

A giustificazione dell’accordo sono stati richiamati precedenti –tra cui il Trattato di Hudaybiyyah del Profeta Muhammad con gli idolatri alla Mecca nel 628– e tutte le principali autorità religiose si sono impegnate a sottolineare come la sharia islamica abbondi in esempi di riconciliazioni e di pacificazione in nome del bene pubblico e delle circostanze, sottolineando la coerenza dell’accordo con Israele rispetto i principi dell’Islam, «che sostengono la cooperazione tra persone di tutte le religioni».

Questa vicenda, sottolineano Winter e Guzansky,mostra molto chiaramente come la

«religione islamica gioca un ruolo chiave nel discorso politico nel mondo arabo, in parte come mezzo per le autorità per ottenere il sostegno popolare per l’ordine sociale e politico prevalente e per le politiche di regime. I leader arabi utilizzano istituzioni religiose finanziate dallo Stato per prevenire l’opposizione islamista e preparare il terreno per misure politiche che suscitano controversie interne ed esterne. La questione delle relazioni con Israele getta ulteriore luce sullo stato delle istituzioni religiose in ogni Paese e sulla natura delle rispettive connessioni tra religione e politica. Inoltre, presenta il profondo scisma nell’attuale mondo arabo e musulmano tra l’asse pragmatico, centrato in Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, e gli assi radicali, guidati da Turchia e Iran».

«La discussione tra le due parti dimostra che l’Islam come religione non ha una posizione consensuale sulla pace e la normalizzazione con Israele», affermano Winter e Guzansky. «Al contrario, attori in competizione nel mondo arabo e islamico hanno opinioni diverse e talvolta contraddittorie sulla questione, e ciascunopretende un monopolio sull’interpretazione del canone religioso secondo le sue particolari esigenze e prospettive politiche».

«Gli assi regionali in competizione rappresentano modelli politici, ideologici e filosofici distinti»,nell’appuntamento di domani, segna un punto l’interpretazione pragmatica dell’Islam.

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