Ciò che viene dalla bocca di Trump sono solo «un mucchio di sciocchezze». Dinanzi ad un Presidente «privo di ragione», l’unica via è l’utilizzo della «forza assoluta». Queste le parole di reazione delle Forze Armate nordcoreane dopo che Donald Trump ha ‘invitato’ Pyongyang a «fermare le azioni che potrebbero portare ad una fine del suo regime e alla distruzione della sua gente». Se la questione del nucleare non avrà una fine, gli USA promettono «fuoco e furia». Ma secondo la stampa americana, le parole del Presidente hanno colto di sorpresa i suoi più stretti collaboratori. «Il mio primo ordine da Presidente è stato rafforzare e ammodernare il nostro arsenale nucleare. E’ ora più forte e più potente che mai. Speriamo di non dover mai usare questa forza ma non ci sarà un momento in cui non saremo la nazione più potente del mondo».
La dichiarazione ha tutto il sapore di una minaccia, lo stesso sapore della contro-risposta della Corea del Nord che rende noto l’ormai prossimo completamento del piano di attacco alle acque vicine a Guam, avamposto militare americano vicina al mare delle Filippine. La Nord Corea parla anche del possibile utilizzo di 4 missili a raggio intermedio Hwasong–12 per attaccare Marina ed Aeronautica statunitensi. Kim Rak–gyom, generale delle forze armate, parla così del piano che sarà ultimato a metà mese e che attende soltanto l’esecuzione su ordine del ‘supremo’ leader Kim Jong–un.
Il numero uno del Pentagono, James Mattis, parla di «soluzione diplomatica» ed è certo che Pyongyang non potrebbe comunque vincere un ipotetico contrasto bellico. Anche il segretario di Stato Rex Tillerson la pensa così. Ma la Nord Corea non sembra affatto essere dello stesso avviso. Il senatore repubblicano John McCain afferma di non concordare con le parole di Trump dicendo che «bisogna essere sicuri si possa fare quanto si dice».
In questo quadretto, la Cina avverte dei rischi della retorica da cui è scaturita la situazione ormai «altamente complicata e sensibile». «Ci auguriamo che tutte le parti rilevanti parlino con cautela e si muovano con prudenza, evitando di provocarsi a vicenda e un’ulteriore escalation della tensione, battendosi per il ritorno quanto prima possibile al corretto binario del dialogo e dei negoziati», secondo la nota del Ministero degli Esteri.
La minaccia di Pyongyang è roba seria anche per la Corea del Sud che parla di una sua «forte e risoluta reazione». Il colonnello Roh Jae–cheon ha assicurato la solida collaborazione con Washington; «siamo assolutamente pronti a reagire con decisione a ogni provocazione del Nord».
Anche il Giappone reagisce, parla di «autocontrollo» ma si dichiara pronto ad abbattere i missili che la Corea del Nord eventualmente lancerà verso Guam. «Non possiamo tollerare un così chiaro atto provocatorio per la sicurezza della regione e della comunità internazionale, incluso il nostro Paese».
Dopo i numerosi test, tra cui l’ultimo (ma non per importanza) del missile di più lungo raggio nello scorso Luglio, la Nord Corea ha voluto sempre più dare l’impressione di essere una vera e propria minaccia nucleare. Ma secondo quanto afferma l’ex direttore del Los Alamos National Laboratory, Siegfried S. Hecker che conosce molto bene il Paese, questo non è il principale problema statunitense. Infatti, mentre Pyongyang si impegna ad ampliare la portata dei suoi attacchi nucleari, è più probabile che questi riescano a colpire in primis Giappone e Corea del Sud.
L’incalzante retorica belligerante sia da parte dei nordcoreani che degli USA non porterà a niente di buono e i due Paesi potrebbero inciampare senza accorgersene in un vero e proprio conflitto nucleare. Non basta negoziare o dialogare con Pyongyang; bisogna che si convinca il Paese del disastro imminente. Secondo la ‘Korean Central News Agency’, l’ultimo missile testato, il Hwasong–14, ha raggiunto un altitudine di 3.725 chilometri ed una distanza 998 per 47 minuti prima di finire nelle acque ad est della penisola coreana ma se venisse lanciato in traiettoria massima, potrebbe viaggiare per oltre 10.000 chilometri e, perciò, raggiungere anche le coste americane.
Inutile negare, secondo gli esperti, gli evidenti progressi nella tecnologia bellica nordcoreana che non escludono, quindi, una prosecuzione in tal senso. D’altronde, Pyongyang non ha mai detto di volersi fermare nella sua corsa per divenire una potenza quanto più ‘pari’ a quella a stelle e strisce. E’ anche vero che la Corea del Nord ha alcune limitazioni da affrontare, come la mancanza del necessario quantitativo di uranio e, soprattutto, di plutonio per le sue armi nucleari. Secondo Siegfried S. Hecker, nei cinque test nucleari intrapresi da Pyongyang, «non sappiamo se hanno utilizzato plutonio o uranio altamente arricchito come carburante delle bombe». «La Corea del Nord ha molta più esperienza nella metallurgia dell’uranio che nella metallurgia del plutonio perché l’uranio naturale è usato per alimentare il suo reattore nucleare. Comunque, la loro esperienza in generale con entrambi i materiali è molto limitata».
Il dialogo, ora più che mai, è essenziale, secondo Hecker. «C’è una ragione urgente per parlare con Pyongyang ora: evitare un conflitto nucleare nella penisola coreana». «La maggiore minaccia nordcoreana che abbiamo di fronte non è quella conseguente relativa al lancio dei missili nucleari verso gli USA ,ma quella che viene da Washington che potrebbe inciampare in una inavvertita guerra nucleare sulla penisola coreana». La senatrice americana Lindsey Graham ha detto pochi giorni fa che ci sono due opzioni: distruggere il programma nucleare nordcoreano o la Nord Corea stessa. Trump «non permetterà che questo pazzo abbia un missile che possa colpire l’America»
Ma secondo Hecker, considerare Kim Jong–un come un pazzo, è un grave errore. «Non possiamo neanche chiamarlo imprevedibile; ha detto che avrebbe lanciato missili e lo ha fatto». La retorica del leader nordcoreano manda nel panico gli USA perché lo fa apparire come tale. «Non è un suicida. Ciò nonostante, è possibile che nella sua corsa per raggiungere la terra americana per ottenere un bilanciamento maggiore con gli Stati Uniti, Kim possa fare un errore di calcolo». Il presunto ‘pazzo’ potrebbe quindi fraintendere il tutto e portare Washington alla guerra.
«Non sappiamo nulla di Kim Jong-un e dei capi militari che controllano il suo arsenale. E’ ora di dialogare e di scoprirlo».
«Parlare di guerra è pericoloso e irresponsabile». Le conseguenze sarebbero chiaramente disastrose per tutti. Paventare un’azione militare per bloccare e limitare il programma nordcoreano non vuol dire però eliminarlo del tutto. «Le minacce di guerra inaspriscono il rischio più grande di tutti: una involontaria guerra nella penisola coreana con il potenziale di centinaia di migliaia di morti, inclusi migliaia di cittadini americani». «Sfortunatamente, alcuni leader americani credono che, se ci dovesse essere una guerra, circoscriverla nella penisola coreana ci manterrà salvi». «La crisi è così urgente che il Presidente Trump dovrebbe mandare un piccolo team di militari e di leader diplomatici per parlare a Pyongyang».
La soluzione potrebbe essere la reciproca comprensione che «una guerra nucleare infliggerà danni inaccettabili ad entrambe le parti». Ma Hecker non parla di negoziazioni ma di un dialogo prossimo a ristabilire dei collegamenti critici ma necessari affinché la comunicazione eviti la catastrofe. «Dobbiamo per prima cosa comprendere di base che un conflitto nucleare deve essere evitato».
Il bisogno di comunicare è urgente e «il dialogo deve iniziare senza precondizioni». Questo dovrebbe servire a far capire alla Corea del Nord che «garantire sicurezza e la tranquillità delle armi nucleari è una enorme responsabilità». E anche che c’è un estremo bisogno di evitare «fraintendimenti, calcoli errati e interpretazioni sbagliate di azioni che potrebbero condurre al conflitto e ad un’escalation potenziale al livello nucleare». Washington dovrebbe convenire che tutto ciò potrebbe portare ad attacchi contro la Corea del Sud e contro il Giappone che porterebbero a loro volta a risposte incontrollate. «Il dialogo dovrebbe anche sottolineare a Pyongyang che ogni esportazione delle tecnologie nucleari è inaccettabile».
«L’Amministrazione Obama ha messo pressione alla Cina e non ha funzionato. L’Amministrazione Trump ha sperato nelle stesse pressioni verso Pyongyang e non funzionerà nemmeno stavolta». «Abbiamo bisogno di comprendere gli interessi cinesi: la Cina non vuole vedere Pyongyang armata di nucleare, ma questo non porterà il regime a fermarsi. Francamente, Beijing vede la belligeranza di Washington verso la Corea del Nord come il principale elemento che porta Pyongyang ad accelerare il suo programma nucleare». «La Nord Corea continuerà a rendere il suo arsenale nucleare più pronto al combattimento e alla minaccia verso la terra americana, e Washington dichiarerà che questo comportamento è una ‘linea rossa’». Così andrà secondo lo studioso.
Come spiega Hecker, la famosa retorica provocatoria, marchio ormai di fabbrica da entrambi i lati, non farà che incentivare i pericolosi fraintendimenti che rischiano di condurre ad una guerra nucleare che devasterà l’intera penisola.
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